La quadratura del cerchio magico nel paese malato.
Molti esperti sono accorsi al cappezzale del paziente Italia per il consulto sulla diagnosi e cura: economisti, politici, costituzionalisti e magistrati, quest’ultimi con il ruolo di chirurghi. Mancano però gli storici, gli antropologi, gli psicologi e i filosofi.
Un passo del recente libro “Il Contagio” scritto da due magistrati da tempo impegnati nelle indagini sulle varie mafie recita: “Non c’è alcun pezzo di società che possa dirsi impermeabile al contagio mafioso. Tutti sono esposti al virus criminale sia in Calabria che fuori dalla Calabria. Attenzione questo non significa che tutta la società è contagiata, significa che è tutta esposta al rischio contagio”.
L’affermazione ‘la società è (…) tutta esposta al rischio contagio’ è terrificante: sembra solo questione di tempo e tutto il paese diventerà criminale! Al di là della metafora epidemiologica, ciò che più allarma in quel passo, come del resto in altre analoghe analisi a partire da Gomorra di Roberto Saviano, non è lo stato presente delle cose, l’incidenza del contagio raggiunta dal virus, quanto il fatto che poco o nulla si dica ancora sulle cause della debolezza del sistema immunitario del paese, così predisposto al rischio di morbosità e quindi sulla possibilità di trovare un vaccino.
Se è ormai riconosciuto da tutti che la lotta alla criminalità organizzata vada condotta a due livelli, il contrasto duro e diretto contro il crimine e l’azione preventiva sulle cause che lo permettono, è però meno chiaro quali siano le cause di questo male. Siamo storditi dalla ecatombe di suicidi che sono fino ad oggi accaduti a causa della crisi economica. La depressione economica ‘si sa’, come intendono cinicamente gli esperti economisti, porta alla depressione psichica dell’individuo con l’esito probabile del suicidio. Proviamo allora a domandarci perché l’esposizione al crimine così tanto dilagato nel nostro paese non porti ad un analogo disagio psichico nella popolazione.
Tra Nemesi storica e ricorsi storici in Italia la questione meridionale, posta in evidenza nel 1873 dal deputato radicale lombardo Antonio Billia, non è ancora oggi risolta e già l’attenzione del dibattito politico si è spostata sulla questione settentrionale, peraltro anch’essa presente in alcuni pensatori dell’ottocento come Cesare Correnti. Sulla realtà della prima si è arenato il processo reale di unificazione economica e sociale del Paese, sulla consistenza della seconda si è fondato il successo del movimento politico Lega Nord (per la Padania), che per primo ne ha dato rappresentazione politica.
Il fatto è che quando i problemi e le relative argomentazioni a supporto si presentano con carattere di simmetria (non di complementarietà) v’è da dubitare di essere di fronte ad una verità. Ed anche in questo caso (a meno di non immaginare il tertium non datur ‘questione centrale’) c’è da supporre che la verità delle ‘questioni’ si ponga ad un livello superiore. Così è infatti: esiste la questione italiana.
Già posta originariamente da Cavour ai Grandi di Europa nel 1856 (sindrome di Crimea), la questione italiana ha assunto oggi, dopo la crisi economica e finanziaria, l’ingerenza Europea nella politica italiana, la crisi della politica-antipolitica e dei partiti, i connotati di un reale problema non più di crescita ma di consolidamento. Non si tratta più come all’epoca di Cavour di farsi riconoscere come un paese indipendente ed unito, ma di farsi riconoscere come un paese politicamente affidabile ed economicamente sicuro.
I problemi che connotano oggi la questione italiana costituiscono un insieme di punti che singolarmente presi si presentano come economici, sociali e politici (frammentazione struttura industriale, analfabetismo di ritorno, burocrazia, crisi della politica, crisi della democrazia, antipolitica, disoccupazione giovanile, declino demografico, evasione fiscale, criminalità organizzata, corruzione, dissesto idrogeologico, formazione classe dirigente, mobilità sociale, precarietà nel lavoro, familismo, potere temporale della Chiesa,…), ma nel loro insieme essi denotano il livello di civilizzazione raggiunto nel nostro paese.
E’ proprio vero che i miti sono cose che “non avvennero mai, ma sono sempre”. L’astuzia di Ulisse prevalse sulla forza di Aiace Telamonio e così si aggiudicò l’armatura di Achille, ma in seguito Ulisse fu punito dagli dei alla sua Odissea. Con buona pace di Omero e del triunvirato ABC, sarà dunque Beppe Grillo il nuovo eroe che si approprierà del tesoretto dei i voti della base leghista che non è disposta a rinunciare alla propria purezza per l’oltraggio subito dai suoi cortigiani del cerchio magico?
A giudicare dalla rapida ascesa del ‘movimento 5 stelle’ a valori superiori al 7% registrato dai recenti sondaggi sulle preferenze di voto e dall’aggiornamento delle parole d’ordine del suo leader nella campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative sembrerebbe proprio che sia una considerevole parte dei voti leghisti a consentire al movimento di diventare il terzo partito italiano. Bossi è vittima del sistema..se si pagasse il doppio delle tasse i politici ruberebbero il doppio … no al diritto di cittadinanza a chi nasce in Italia… non paghiamo i debiti che non abbiamo creato noi … fuori dall’euro… alla verve comica di Beppe Grippo si è aggiunto il ‘fiuto politico’ che un tempo fu attribuito all’animale politico Bossi, ma si tratta di un talento che altro non è che il millenario sistema del potere consistente nel blandire il popolo sollecitandone le più basse aspirazioni.
L’erede di Bossi ha però bisogno di un nuovo mito per far uscire il popolo dall’angustia della stanzialità territoriale (ridotta al cerchio magico) e passare ad una condizione più aperta, al futuro, al nomadismo nelle praterie della rete. L’originalità, il nuovo mito, non sta questa volta nel federalismo o nella secessione, ma nella democrazia diretta, nell’autogestione dei cittadini, nello Stato fai da te. In Internet, luogo ove è possibile l’esercizio reale del potere del popolo, sta la quadratura del cerchio. Ho altrove cercato di mostrare il carattere fondamentalmente rivoluzionario della ICT, aderendovi, non senza avvertire però il pericolo cui anch’essa ricade non appena vi si proietti la verità assoluta e la si concepisca in quanto mezzo di comunicazione come strumento di potere e di controllo.
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