Perché abbiamo bisogno di un J.E. Hoover per combattere l’illegalità in Italia.
In una intervista al Wall Street Journal nel giugno 2010 il dirigente dell’ FBI di New York James Trainor, nel commentare i risultati ottenuti nella lotta ai reati commessi dalla criminalità dei colletti bianchi, dichiara: “stiamo applicando a questo tipo di reati gli stessi principi in vigore per la sicurezza nazionale”. Dunque, per il pragmatismo americano nessuna differenza di trattamento tra terroristi e i finanzieri truffaldini. E sempre a proposito di pragmatismo ricordiamo tutti la vicenda di Al Capone e il sorgere stesso della FBI con J.E.Hoover come esempi di determinazione e severità dell’azione di contrasto contro la criminalità in generale e gli evasori fiscali in particolare.
Ora, per quanto riguarda il reato dell’evasione fiscale di cui il nostro Paese vanta un primato tra le società occidentali, è bene avere sempre presente come esso procuri alla collettività un duplice danno economico e morale, in quanto sottrae risorse allo Stato e alimenta la disuguaglianza tra i suoi membri. Il sottrarsi, particolarmente in un regime di democrazia, dal dovere primario verso la comunità di “pagare le tasse” pone l’individuo al di fuori del diritto stesso di cittadinanza, in quanto il suo agire egoistico fuori e contro le regole tende a sovvertire i principi stessi su cui la convivenza civile si fonda. L’evasore commette un crimine di gravità paragonabile a quella di un attentato allo Stato e alle Istituzioni.
E’ da questa semplice considerazione che dovrebbe derivare la convinzione che la lotta all’evasione fiscale, come alla corruzione, deve essere concepita come una questione di difesa della Costituzione e dell’ordine pubblico, da trattarsi alla pari della lotta che lo Stato dichiara al terrorismo e alla criminalità organizzata, o dichiarerebbe a qualsiasi altro aggressore che minacciasse l’esistenza stessa dello Stato.
In Soldi rubati di Nunzia Penelope, libro inchiesta a carattere divulgativo che sebbene di minor respiro letterario di Gomorra di Sergio Saviano dovrebbe far parte a pieno diritto della bibliografia formativa minima delle persone per bene, viene rappresentata e denunciata la fenomenologia dell’illegalità presente in Italia, sottolineando in particolare i suoi alti ed insostenibili costi economici. Tuttavia, tra gli innumerevoli dati economici e finanziari e autorevoli citazioni riportate nel testo ve n’è una di particolare significatività, tratta da un rapporto della Corte dei Conti ad opera di Massimo Romano, già capo dell’Agenzia dell’entrate col governo Prodi fino al 2008. Dopo aver ricordato come la nostra economia sia stata costruita su un modello di sottosviluppo, l’autrice riporta di Romano il seguente passaggio: ” In Italia si evade come forma di resistenza , come assicurazione sulla vita, o anche solo per rabbia. Non siamo in Germania, da noi manca l’etica calvinista e, dunque, anche la riprovazione sociale nei confronti degli evasori; c’è invece una solida sfiducia nei confronti dei politici, un generale disprezzo per la cosa pubblica che, unito ad un irriducibile individualismo, convince gli italiani a tenersi i soldi piuttosto che ‘darli a certa gente’ “.
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