Con lo spionaggio civile la libertà è nuda

Assange - SnowdenIn forza di una analogia derivata dalla fisica termodinamica si era ritenuto che l’informazione fosse potere e qualcuno si era illuso che la sua libera circolazione sul web avrebbe portato a compimento la democrazia. Il principio di libero web in libero Stato è giusto e condivisibile, tuttavia il datagate, ma soprattutto la tecnologia che lo consente, ci mostra che il vero potere sta piuttosto nel controllo dell’informazione. Ad Alice che nel Paese delle meraviglie si poneva il problema sui differenti significati di una parola, Humty Dumpty risponde che l’importante è chi di quella parola è il padrone.

Mentre Governi nazionali e Multinazionali tentano da anni, attraverso normative, regolamenti e codici etici sulla libertà di espressione, di disciplinare la rete con la scusa del copy right e della privacy, scopriamo che in realtà non ne hanno bisogno.  Al contrario,  il web può essere quanto più libero possibile perché il vero controllo si è spostato al di sopra del processo di comunicazione e al di fuori di ogni sovranità, esercitandosi direttamente sui comportamenti dei singoli soggetti. Inoltre, l’impiego delle norme inducono sia i controllori che i trasgressori ad escogitare mezzi sempre più sofisticati per eluderle e la partita risulta non facilmente sostenibile quando rivelazioni generano scandali, mentre se si potesse agire da remoto e di nascosto su chi crede di agire nella convinzione di essere libero, si otterrebbe il risultato voluto con la massima efficacia. Sosteneva Goethe che “nessuno è più irrimediabilmente schiavo di coloro che credono falsamente di essere liberi”.

Ai Sumeri di 4000 anni fa viene fatto risalire il primo sistema informativo per controllare la città-stato. Oggi, la novità e la realtà del datagate, lo spionaggio elettronico esteso a tutte le comunicazioni, lo spionaggio civile, risiede nella potenzialità delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (acronimo inglese ICT), che hanno stravolto la tradizionale definizione della comunicazione concepita come “passaggio di una informazione da un emittente ad un ricettore”.  Alla base della circolazione planetaria dell’informazione sul web ci sono nell’acqua l’interconnesione mediante cavi sottomarini in fibra ottica e nell’aria le reti satellitari. Su queste infrastrutture girano programmi come Prism (programma di sorveglianza elettronica della NSA), Tempora (versione inglese di Prism) e operano sistemi come l’UFO  (UHF Follow-on) di prossima sostituzione con il MUOS  (Mobile User Objective System)  e l’AGS (Alliance Ground Surveillance).

La pervasività di questi sistemi di sorveglianza nella comunicazione globale rischia di stimolare tra i puristi della privacy, divenuti nel frattempo un po’ paranoici, la diffusione di gerghi linguistici per sottrarsi dai software che selezionano parole chiave ritenute dai controllori interessanti. Nuovi codici linguistici in alternativa ai codici etici? Il rischio di essere intercettati induce già in molti la preoccupazione di come parlare al telefono (ci vediamo di persona, non usare questa linea, …) come se vi fosse una zona franca di libertà di espressione, un luogo in cui “qui non c’è campo”.  In verità nella globalizzazione non c’ è scampo: la comunicazione sarà sempre più libera e la privacy verrà sostituita dalla trasparenza, per molti già divenuta un valore democratico irrinunciabile. Il dilemma, tuttavia, rimane quello indicato da Emanuele Severino, per il quale  “quando l’agire è subordinato al fare in quale modo si può impedire alla tecnica che può fare di non fare ciò che può”?

In attesa dei computer quantistici, di cui già appaiono le prime versioni, che risolveranno gli attuali problemi posti dalla analisi di enormi quantità di dati (big data) per trovare schemi e tendenze nascoste, deve diffondersi e crescere la consapevolezza che noi tutti siamo coinvolti nella globalizzazione della comunicazione e proprio per questo motivo occorrerà sviluppare non nuove tecniche (intelligenza artificiale) ma una nuova mentalità (la cultura) capace di spostare dentro ognuno di noi il valore etico della comunicazione.

Da ultimo un’altra osservazione sull’anormalità del nostro Paese, dove ancora una volta possiamo rilevare la miseria della sua politica e dei suoi governanti, constatando come alla posizione strategica della Sicilia non corrisponda un adeguato ruolo strategico dell’Italia. L’Italia non è ancora guarita dalla sindrome di Crimea.

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