ll volume globale del sistema bancario ‘ombra’ alla fine del 2011 è cresciuto fino a 67 trilioni di dollari (un trilione vale un milione di miliardi). Si tratta di dati ufficiali, peraltro fermi al 2011, dati da tutti acquisiti, accettati e ribaditi, pari a 8 volte il Pil mondiale. Significa che per ogni dollaro prodotto dal lavoro ve ne sono otto inventati dai meccanismi della finanza creativa.
Questa è oggi la misura della speculazione. Quale il risultato? Le banche sono senza liquidità e rischiano di fallire e noi ancor più delle banche. Possibile che non ci sia un cane che si chieda dove finiscono i soldi?
Eppure è molto semplice: in tasca ai capitalisti. Gente ricca oltre ogni tollerabile misura che fa fruttare, per definizione senza scrupoli, denaro dal denaro. Pecunia non olet. Non sono contro i capitali, sono contro i capitalisti. Questa distinzione ormai si impone. Che i capitali servano alla finanza e che la finanza serva alla produzione non ci piove, ma che incalcolabili ricchezze finiscano nelle mani di una oligarchia di burattinai è per usare eufemismi intollerabile.
La redistribuzione del reddito e della ricchezza è la prima necessità per uscire dalla crisi. A livello mondiale. Come? Con tasse di successione che non consentano di lasciare patrimoni in grado di condizionare la finanza e l’economia degli Stati sovrani. Poche migliaia di persone controllano l’economia e la politica di intere nazioni. Il loro numero è destinato a ridursi e la loro ricchezza ad aumentare. Con tasse di successione che rendano gli uomini uguali alla nascita per censo e per ricchezza, qualcosa che conferisca un senso concreto a ciò che si vuole intendere quando si afferma che “tutti gli uomini nascono uguali”.
Siamo tutti complici, chi per interesse e chi, cosa forse ancora più grave, per mentalità. Non è certo una colpa essere ricchi, ma solo se la ricchezza viene impiegata a scopi sociali e non per finire a puttane. La saggezza del non res sed modus in rebus è prorpio una verità: il modo e la misura sono tutto.
Pensare globalmente e agire localmente, la stella polare ci indica la direzione ma poi dobbiamo agire sulla terra. Non si tratta di un tutto e subito, ma di un qui e ora, di muoversi in modo determinato e univoco verso una direzione e questa direzione non può che essere l’uguaglianza patrimoniale. Di considerare buona ogni misura presa da qualsiasi governo solo se si muove nel senso di diminuire la forbice distributiva, in termini non solo di reddito ma anche di ricchezza, di ridurre l’indicibile disparità cui la follia turbo-capitalista ci ha consegnati.
Non lasciamo che si confondano l’equità e la giustizia con l’invidia. La sete di potere da parte della cosidetta ‘economia ombra’ non cesserà mai di tormentare il mondo fino a compromettere irreversibilmente il destino di tutti noi e dell’intero pianeta. Se tutti noi non ci opporremo con risolutezza sarà la catastrofe. Altro che tramonto dell’occidente, dopo crisi e default dovremo abituarci anche ad ascoltare questa parola. Solo la cultura ci salverà.