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L’evasione fiscale procura alla collettività un duplice danno economico e morale, in quanto da una parte sottrae risorse allo Stato e dall’altra alimenta la disuguaglianza tra i suoi membri. Il sottrarsi in una democrazia dal dovere primario verso la comunità di “pagare le tasse” pone l’individuo al di fuori del diritto stesso di cittadinanza, in quanto tende a sovvertire l’ordine sociale costituito.
L’evasore commette un crimine di gravità paragonabile a quella di un attentato allo Stato e alle Istituzioni. Da questa considerazione deriva che la lotta all’evasione fiscale deve essere concepita come una questione di difesa della Costituzione e dell’ordine pubblico, da trattarsi alla pari della lotta che lo Stato dichiara al terrorismo e alla criminalità organizzata.
Una tale determinazione comporta una duplice linea d’azione: realizzare riforme fiscali e politiche economiche che rendano il fenomeno dell’evasione / elusione meno facile da attuare e meno conveniente da sostenere, e simultaneamente mobilitare la forza repressiva con la massima energia e rigore, non solo finalizzandola alla seppur conveniente politica del recupero crediti, ma alla missione più radicale della rieducazione del cittadino.