Siamo certi di aver davvero compreso tutte le implicazioni che il fenomeno della globalizzazione comporta? Avevamo immaginato che essa non riguardasse più soltanto gli aspetti economici, sociali e culturali, ma che incidesse anche in quelli politici. Vi sono, infatti, alcune trasformazioni in atto della politica internazionale che segneranno nei prossimi anni svolte radicali negli assetti tra gli Stati.
In questi giorni è stata data notizia di due avvenimenti che prefigurano l’evoluzione in atto della politica nell’era della globalizzazione.
Il primo riguarda l’Europa e potremmo definirlo come la forma nascente, se non proprio di un partito europeo, di una campagna politica oramai transnazionale: la Cancelliera tedesca Angela Merkel si è esposta personalmente per sostenere la rielezione del Presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy in una conferenza stampa ed una intervista televisiva congiunte a Parigi a conclusione del tradizionale Consiglio dei ministri bilaterale tenutosi lo scorso 6 febbraio..
Il secondo avvenimento politico si colloca sulla scala mondiale e riguarda lo spostamento progressivo nell’area del Pacifico del baricentro degli interessi della politica USA. Si tratta del prossimo incontro, che avverrà il 14 febbraio a Washington, tra Barack Obama, verosimilmente rieletto nel prossimo novembre per il secondo mandato di Presidente degli Stati Uniti, e il nascente leader cinese Xi Jinping futuro Presidente del Partito Comunista Cinese dal prossimo ottobre e futuro Presidente della Cina dal marzo 2013.
I due fenomeni hanno evidentemente una portata differente: mentre i rapporti tra USA e Cina ci indicano la prospettiva di nuovi equilibri futuri tra gli Stati europei e gli Stati Uniti con la conseguenti ricadute di tali assetti all’interno dei rapporti tra gli Stati componenti la Comunità Europea, la joint venture Franco-tedesca ci mostra la trasformazione già in atto dei rapporti politici, anche formali, tra i due governi che dallo scorso anno hanno stabilito un asse bilaterale economico con l’intento di condizionare la politica degli altri Paesi comunitari.
Avremo così due baricentri, il primo spostato nel Pacifico e il secondo nel Mediterraneo.
Di fronte a questo scenario quale senso possono avere le lamentele di coloro che gridano indignati contro l’ingerenza dei paesi stranieri nella politica nazionale? L’obiettivo è ormai chiaro, pena la definitiva subalternità ai Paesi europei più forti economicamente: la politica estera italiana, già così caratterizzata dalla sindrome di Crimea, dovrà al più presto rinascere per conquistare un ruolo centrale che sia conforme alla sua posizione geografica nel Mediterraneo.
Per fare ciò occorre tuttavia una leadership all’altezza della situazione. La migliore eredità che l’attuale governo potrà lasciare, proprio in quanto composto da tecnici competenti, sarà l’indicazione metodologica per la formazione del futuro governo politico, che abbia come unici criteri di selezione il merito e la competenza. Poichè il prossimo governo sorgerà da nuove elezioni, la riforma della legge elettorale e la selezione dei politici costituiranno il banco di prova per il rinnovamento italiano. Non avremo più una seconda occasione per dare la prima impressione.