Cultura, democrazia e informazione. Presente e futuro.

L’enorme successo di Wikipedia in questi  dieci anni dalla sua messa in rete, 60 milioni di consultazioni al giorno,   suggerisce a molti un ulteriore esempio della democraticità  di internet: una cultura che nasce dal basso.  E’ da condividere  tale entusiasmo ?

In effetti, Wikipedia  e tutte le iniziative che portano  il sapere nella universalità della rete sono da considerarsi operazioni culturali rivoluzionarie, paragonabili a quella avvenuta cinque secoli fa con la traduzione della Bibbia dal latino in tedesco e la sua stampa, che da allora ne  permise la diffusione al di  fuori del controllo della Chiesa.  Tuttavia, non si tratta di una “cultura  fatta dal basso”, piuttosto della diffusione orizzontale della cultura esistente, non importa qui se alta o bassa, per opera di volontari  che agiscono al di fuori dei circuiti della cultura accademica.  Essa   costituisce  una buona pratica di democrazia,  di ciò che  significa essere  “per il popolo”.

Non è tutto.  Mentre Wikipedia cresce e si diffonde,  altri progetti innovativi,  forse ancor più rivoluzionari e destinati a sconvolgere ogni rapporto esistente con la cultura e dagli sviluppi imprevedibili, sono stati  lanciati: pochi anni fa il progetto Google books, consistente nel digitalizzare  tutte le biblioteche del mondo, al fine di rendere disponibile  a tutti la consultazione on-line di tutti i libri esistenti e più recentemente il progetto  avviato da  un gruppo di Harvard con il quale si sta cercando di creare una “Biblioteca Digitale Pubblica degli Stati Uniti”, contando solo su finanziamenti provenienti da una coalizione di fondazioni private, che si propone  di rendere accessibile gratuitamente il patrimonio culturale americano non solo a tutti gli americani ma al mondo intero.

Già avviati attraverso accordi con alcune tra le principali Biblioteche  USA universitarie e nazionali, tali progetti rivelano una valenza di portata pari solo al Progetto Genoma Umano,  da alcuni anni concluso. (nota)

Simili progetti possono anche’essi  apparire  ambiziosi e di difficile completamento, ma sotto ogni svolta rivoluzionaria del pensiero e della scienza dobbiamo  riconoscere la  realtà e il valore di  quei lavori poco visibili  con i quali si mette ordine nel  sapere e i risultati che ne derivano costituiscono letteralmente il  fondamento, al punto che col tempo non ci meravigliamo più del loro uso.  Si pensi  alla   formazione di  Vocabolari e Dizionari, dei criteri di classificazione in una  scienza, alla realizzazione, appunto, del  Progetto Genoma Umano,  sorta di dizionario dei geni dell’uomo.

Wikipedia e  questo due progetti di digitalizzazione delle biblioteche progetto  possono essere considerati come la realizzazione del sogno illuminista dell’Enciclopedia Universale, siamo di fronte alla realizzazione virtuale della Biblioteca di Alessandria.

Oggi il problema è: come la Università e la Scuola  potranno adeguarsi a tali rivoluzioni? Si tratta  questo di uno dei problemi cruciali della società contemporanea. Accade già oggi che dalla ricerca assegnata ai bambini della scuola elementare fino  alle tesi di laurea presentate  nelle Università, Wikipedia e Google rappresentino ormai una fonte irrinunciabile per il reperimento delle informazioni che servono per le loro elaborazioni.  Un data base, Wikipedia, costituito oggi da oltre 10 milioni di voci o articoli tradotti in 250 lingue  fanno ben storcere il naso al mondo accademico che ha instillato il dubbio sull’attendibilità delle informazioni in esso contenute.  Più realisticamente, e modestamente, gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado non si fanno certo alcun scrupolo nell’usare l’enciclopedia on-line per la propria formazione e aggiornamento,  anche per l’esigenza di mantenere  un rapporto di parità e un contatto con i nuovi discenti spesso più smaliziati di loro.

Certo è che, a fronte degli sviluppi potenziali di queste tecnologie, le riforme scolastiche, in particolare le sedicenti tali del nostro paese, appaiono anacronistiche e ridicole. Piuttosto che insistere con programmi strutturati per materie che pretendono di approfondire, sia pure a diversi livelli, tutti i temi del sapere umano, occorrerebbe reimpostare diversamente e radicalmente l’insegnamento fondandolo sul metodo di studio e quindi all’uso degli strumenti moderni dell’ICT che  mettano gli allievi nelle condizioni di “navigare” con proprietà e sicurezza tra le varie discipline,  acquisendo la capacità di costruire,  al momento del bisogno e in autonomia,  il sapere al livello adeguato al compito richiesto.

Tutto questo, naturalmente, senza rinunciare ad una formazione più completa ed esauriente della persona che solo la relazione umana e la cultura umanistica possono garantire.

Facciamo un esperimento teorico.    Ipotizziamo che tutti i libri, gli articoli, le ricerche, le opere che  costituiscono  il sapere umano fossero digitalizzati e distribuiti in una  enorme rete di ipertesti, su cui poter eseguire liberamente le più diverse elaborazioni.  Immaginiamo quindi di avere l’interesse di  apprendere un determinato argomento. Estraiamo allora  tutte le fonti disponibili, per esempio i diversi autori che si sono  applicati a quel argomento e  cominciamo a creare  hyperlink inseguendo le nostre ipotesi o intuizioni. Ebbene, solo accostando tra loro diverse tesi ed opinioni espresse nel tempo e da differenti soggetti su un medesimo argomento, solo utilizzando quel metodo che  ben conoscono i critici e gli  estensori di tesi di laurea compilative, quante nuove ed interessanti verità potremmo svelare, verità che gli stessi singoli autori non avrebbero potuto  immaginare?

Il fenomeno  va considerato come una  ricombinazione di idee , in analogia a quanto avviene per la costituzione di un nuovo genoma in un nuovo essere a partire dai geni parentali: le nuove idee come nuove vite. Rimane il dilemma  posto da queste tecnologie,  ovvero stabilire se le regole della democrazia possano essere applicate alla scienza.

Si sostiene che Wikipedia sia democratica  in quanto conoscenza che si costruisce dal basso.  Una produzione della verità cui si può arrivare attraverso l’accumulazione degli apporti e delle correzioni collettive. Questa convinzione procura non poche preoccupazioni  al nucleo fondatore dell’enciclopedia nella misura in cui  applica  la regola, in verità non democratica, secondo cui la maggioranza ha ragione.  Ci troviamo ancora una volta all’interno di un pensiero ideologico che concepisce il popolo depositario di una naturale saggezza, che origina il peccato nella conoscenza concepita come la pretesa dell’uomo di essere come Dio, che pretende di condizionare la conoscenza ad una predeterminata visione etica, che indulge sul pensiero della “pancia” dopo averlo separato dalla “testa”.

Tale impostazione pretende di compensare la scarsa conoscenza e assimilazione della logica del pensiero scientifico.  Se l’informazione viene manipolata e occultata da chi la produce, la detiene e la  distribuisce essa diventa una merce, ovvero uno strumento di controllo sugli uomini che vengono in tal modo gerarchizzati  distribuendo loro  gradi diversi di accessibilità all’informazione, sempre però avendo i due limiti della dalla censura e del segreto.  In questa  posizione trova riscontro il cinismo del potere, secondo  cui  il popolo, quando afferma di volere la verità, alla quale per altro le costituzioni democratiche  garantiscono il diritto, in realtà vorrebbe soltanto delle spiegazioni.

Occorre tener ben presente che  gli elementi fondamentali della democrazia sono costitutivi della scienza,  dal momento che questa si fonda sulla dialettica di verificabilità e falsificazione delle proprie formulazioni, potenzialmente aperta a tutti.  Applicare le regole della democrazia alla scienza? Il vero problema che dovremmo porci è  dunque il contrario, ovvero  se è possibile applicare le regole della scienza alla democrazia.  La  visione di  internet come un’agorà  rappresenta, pur nella sua entusiastica semplificazione,   una  valida  piattaforma  per impostare  la ricerca di un risposta corretta al problema.